il nuovo bando della Scuola di giornalismo della Fondazione Lelio Basso
E’ aperto il nuovo bando della Scuola di giornalismo della Fondazione Lelio Basso:
E’ aperto il nuovo bando della Scuola di giornalismo della Fondazione Lelio Basso:
Di Raffaele De Luca – Da L’Indipendente – 21 luglio 2022
Nel corso di una conferenza stampa dello scorso lunedì, il presidente messicano Lopez Obrador ha dichiarato di aver consegnato al presidente statunitense Joe Biden una lettera a difesa di Julian Assange. Secondo quanto riportato dallo stesso leader messicano, nella lettera è stato sottolineato che il fondatore di Wikileaks «non ha commesso alcun reato grave, non ha causato la morte di nessuno, non ha violato alcun diritto umano ed ha esercitato la sua libertà», motivo per cui «arrestarlo significherebbe un affronto permanente alla libertà di espressione». Obrador ha inoltre affermato di aver rinnovato l’offerta di asilo politico ad Assange, che era stata comunicata dal presidente messicano una prima volta a inizio 2021, quando il presidente Usa in carica era ancora Donald Trump.
Julian Assange, che al momento è detenuto nel Regno Unito, rischia l’estradizione negli Stati Uniti a seguito dell’autorizzazione in tal senso da parte del governo britannico. Se venisse estradato, si troverebbe a dover rispondere di pesanti accuse da parte del governo americano, tra cui quella di spionaggio per aver diffuso documenti militari riservati, e la pena che rischia è addirittura pari a 175 anni di carcere in una prigione di massima sicurezza. L’estradizione però non può ancora essere data per scontata, visto che recentemente l’istanza di ultimo appello contro la stessa è stata depositata presso l’Alta Corte di Londra dagli avvocati di Assange. Nel caso in cui la richiesta, che riguarda questioni procedurali, fosse accettata, Assange potrebbe sfruttarla in vari gradi di giudizio britannico, fino a giungere alla Corte Suprema. Potrebbe anche decidere di rivolgersi direttamente alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo, ma in quel caso l’ordine di estradizione diverrebbe esecutivo.
Dunque la lotta del fondatore di WikiLeaks non è affatto finita, ed è in tale contesto che si inserisce l’iniziativa del Messico. Ovviamente quest’ultima ha pochissime chances di andare in porto: attualmente, infatti, Assange non ha la possibilità di avvalersi dell’offerta di asilo politico essendo recluso nel carcere londinese di massima sicurezza di Belmarsh. Tuttavia, si tratta comunque di una presa di posizione importante che testimonia come qualcosa si muova a livello politico e che potrebbe essere utile a fare pressione nei confronti della giustizia britannica. Del resto, le iniziative in sostegno del giornalista si stanno moltiplicando all’interno di diverse realtà, grandi e piccole: Lucera, per esempio, è stato il primo Comune italiano a conferire al fondatore di WikiLeaks la cittadinanza onoraria. Ad opporsi all’estradizione di Assange sono inoltre diverse associazioni internazionali per la libertà di informazione ed i diritti umani, tra le quali Amnesty International, che ha definito la conferma dell’estradizione di Assange negli Stati Uniti “un messaggio agghiacciante” per i giornalisti di ogni parte del mondo.
È uscito sul numero dell’Espresso in edicola questa settimana, il primo articolo di Marco Benedettelli, vincitore della sezione “Progetti” della edizione iniziale del Premio Mimmo Cándito, che ha finanziato la sua inchiesta in Mozambico. Eccolo (ma comprate l’Espresso se vi va)
Mozambico. Ricco di risorse naturali, il nord del paese è attaccato dai fondamentalisti. Le ong sono a rischio, e i colossi dell’energia devono fermare gli impianti
di Marco Benedettelli – l’Espresso – 10 luglio 2022
di Vincenzo Vita, dal Manifesto del 22 giugno 2022
Si è tenuta ieri presso la federazione nazionale della stampa una importante conferenza, con la presenza in collegamento da Buenos Aires del premio Nobel per la pace Adolfo Pérez Esquivel, promotore insieme a alla Madre de Plaza de Mayo Nora Cortiñas di un appello contro l’estradizione negli Stati Uniti di Julian Assange. (vedi il manifesto dello scorso 3 maggio).
Il pacifista argentino, uno dei padri della resistenza contro la dittatura militare, ha chiarito il rischio che corre il fondatore di WikiLeaks: se si compie il misfatto giudiziario in corso presso il tribunale speciale di Belmarsh nel Regno Unito, l’arrivo in un penitenziario statunitense segnerebbe la fine.
La questione del giornalista australiano è, ormai, sulla linea di confine tra la vita e la morte. Un’eventuale condanna a 175 anni di carcere sarebbe una condanna capitale.
Ma con Assange morirebbe ciò che resta della libertà di informazione e del diritto di cronaca. Parliamo ora di Assange, ma la mannaia rischia di abbattersi anche su collaboratrici e collaboratori della coraggiosa iniziativa editoriale. E la cascata repressiva ricadrà su un intero mondo di divulgatori delle verità sotterrate dal potere segreto di cui ha scritto ampiamente Stefania Maurizi, protagonista del dibattito. Ricordiamo qualche dato inquietante: dal 1993 1400 cronisti sono stati uccisi; 55 solo quest’anno.
Insomma, l’informazione sta sempre più stretta alle logiche dell’autoritarismo strisciante in corso. Pensavamo a Russia, Cina o Iran, per citare luoghi di repressione nota del dissenso. Il caso Assange svela la realtà dell’occidente, ricco di leggi e carte costituzionali apparentemente democratiche, contraddette da una pratica coercitiva sempre più netta.
Pérez Esquivel si salvò dall’ormai certo volo omicida dall’aereo nell’oceano all’ultimo minuto. Ciò avvenne grazie ad una straordinaria campagna di opinione, che costrinse i gerarchi a ripensarci in limine dopo aver avviato la spietata procedura.
Esquivel ha proposto di replicare – l’ha detto pure con decisione la sua collaboratrice Grazia Tuzi- quella mobilitazione delle coscienze.
Hanno raccolto l’invito il presidente della FNSI Giuseppe Giulietti con il segretario Raffaele Lorusso, l’ordine nazionale dei giornalisti con il suo responsabile Carlo Bartoli e Daniele Macheda dello specifico sindacato della Rai. Insomma, le istituzioni dell’informazione italiana, facendo eco alle prese di posizione dell’organizzazione mondiale degli stessi giornalisti e di diverse associazioni nazionali, sono in campo con nettezza. Chissà se, finalmente, le principali testate della carta stampata o i canali radiotelevisivi decideranno di battere un colpo.
Dopo la decisione della ministra degli interni dell’UK Priti Patel, qualche segno di attenzione vi è stato. Ad esempio, ha lasciato capire che prenderà qualche iniziativa a tutela del suo connazionale il premier australiano Anthony Albanese, mentre i parlamentari dell’assemblea del consiglio d’Europa Andrej Hunko, Gianni Marilotti e Roberto Rampi hanno annunciato in diretta una mozione da depositare durante i lavori di Strasburgo.
Sono intervenuti con estrema puntualità l’esponente di Amnesty International Tina Marinari; nonché gli ex magistrati Franco Ippolito ed Armando Spataro, assai critici nei riguardi di un percorso giudiziario che appare un atto politico piuttosto che un effettivo approfondimento di merito. Ippolito ha evocato la corte penale internazionale e Spataro ha rammentato le vicende che seguì da vicino riguardanti i servizi segreti d’oltre oceano. Tra le tante cose dette da personalità eminenti del diritto.
Il mondo della cultura si è espresso con la voce del rappresentante dell’associazione degli autori Giuseppe Gaudino e con Laura Morante interessatissima a fornire un attivo contributo alla campagna per la liberazione di Assange. In tal senso va la scelta dell’archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico di cooptare simbolicamente tra i garanti della fondazione il giornalista sotto accusa.
Numerose le attestazioni arrivate o direttamente dalla sala o attraverso messaggi: l’associazione per il rinnovamento della sinistra con Aldo Tortorella e Franco Argada; l’ANPI con Gianfranco Pagliarulo; l’ARCI con Carlo Testini; Elena Marzano della trasmissione Presa diretta; Renato Parascandolo di Articolo21. Il nostro giornale ha espresso la volontà di svolgere un ruolo significativo nell’azione che si dispiegherà già nei prossimi giorni, per supportare il ricorso contro la firma dell’esponente del governo di Boris Johnson e quello delicatissimo rivolto alla corte europea dei diritti umani, dove si giocherà l’ultimo atto.
Stefania Maurizi ha ricapitolato, in conclusione, le tappe della orribile vicenda, dove i cattivi stanno vincendo. Per ora, almeno.
L’Associazione “Premio Mimmo Càndito per un giornalismo a testa alta” visto il perdurare della guerra in corso, ha valutato di non poter non tenerne conto e in occasione del dibattito “L’informazione in tempo di guerra” tenutosi al Salone del Libro il 20 maggio scorso, ha annunciato le seguenti modifiche:
L’Associazione comunica i nomi dei giurati che valuteranno i lavori finalisti e decreteranno i vincitori della II edizione del Premio Mimmo Càndito:
Simona Carnino
Paolo Griseri
Marina Forti
Vincenzo Vita