Mimmo

Mimmo Càndito
Mimmo Càndito ci ha lasciati il 3 marzo 2018.
Mimmo Càndito
Mimmo non è stato un uomo di potere. <br>Pur nella sua estrema gentilezza era una persona franca, che non tollerava sotterfugi, traffici, menzogne
Mimmo Càndito
Non era neanche un uomo da salotti.<br> Il potere ne diffidava, la tv lo invitava raramente.
Mimmo Càndito
Mimmo è stato anche un grande sportivo, nella sua giovinezza a Reggio Calabria.
Mimmo Càndito
Con un fisico da Bronzo di Riace, si è cimentato con la corsa, il salto triplo, il basket.
Mimmo Càndito
<span class="fotografo">Foto di Fabio Bucciarelli </span>E’ stato campione di sciabola, ha portato la fiaccola alle Olimpiadi del ’60 nella sua città, e solo uno strappo durante gli allenamenti gli ha impedito di partecipare proprio all’edizione di Roma.
Mimmo Càndito
Mimmo è stato soprattutto un grande essere umano, una persona retta che amava l’umanità, e che con grande spontaneità e generosità diffondeva in straordinarie affabulazioni le sue esperienze e il suo sapere infinito.
Mimmo Càndito
Un “happy warrior”, un allegro combattente, anche nell’affrontare la malattia e la morte, senza mai un lamento.

Mimmo Càndito, giornalista, reporter di guerra, analista, scrittore di numerosi libri, direttore per 18 anni dell’”Indice dei libri del mese”, professore universitario assai amato dai suoi studenti – prima a Genova, poi a Torino fino alla scomparsa – è stato una delle firme di punta del quotidiano La Stampa, sulle cui pagine ha raccontato le più drammatiche crisi mondiali degli ultimi 40 anni: Medio Oriente, Afghanistan, Iran, Iraq, Africa, America Latina, Maghreb, il dramma dei Tutsi e degli Hutu in Rwanda, l’Asia. Ma anche l’Australia, la Turchia, l’India, la Spagna, i terroristi dell’Eta e dell’Ira, gli indios perduti nella foresta dell’Amazzonia e mai raggiunti prima dall’uomo bianco, quelli anche del Perù.

Dal 1999 è stato presidente italiano di Reporters Sans Frontières. Ha condotto numerose serie di “Prima Pagina” su Rai Radio 3, guadagnandosi un ascolto eccezionale. La sua abilità nel raccontare storie drammatiche in modo piano e comprensibile, con straordinaria efficacia e mettendo sempre l’uomo in primo piano, senza trascurare l’inquadramento storico e geografico, ne hanno fatto un oratore affascinante, che ha lasciato il segno dovunque fosse invitato a tenere conferenze.

Era assai appassionato di fotografia, e anche se non ne parlava con nessuno ha fissato molti documenti interessanti delle sue esperienze di viaggio. Ha vinto tra gli altri i principali premi giornalistici della fine del secolo scorso, il Max David e il Luigi Barzini, e nel 2017 la prima edizione del Premio Leviti di Sky per gli inviati di guerra.